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Pietro Della Vecchia (Vicenza ? 1602/3 - Venezia, 8 settembre 1678 ) Disputa tra dotti Olio su tela Dimensioni: cm 154 x 205 Conservazione: Buona Provenienza: Londra collezione privata Il dipinto, firmato e datato 1654 sul foglio di pergamena che pende dal tavolo, presenta la pennellata fusa e carica e la cifra stilistica delle opere autografe di Pietro della Vecchia. Sullo sfondo di un paesaggio, all'interno di una costruzione classicheggiante, si svolge una conversazione tra quattro personaggi riuniti intorno a un tavolo. A destra un uomo distinto, che indossa un abito ricco bordato di pelo, sta esponendo il proprio parere a due interessati uditori, l'uno vestito di una stoffa preziosa ottenuta con il blu di lapislazzulo e l'altro, proteso in avanti, che indossa una veste serica e un cappello rosso. Una quarta figura, la più enigmatica, siede assopita con il capo sorretto dal braccio che poggia sul tavolo. Indossa una veste verde malachite con i bordi ocra, stretta da una cintura da cui pende la corona del rosario e sembrerebbe un personaggio religioso, ma è difficile identificarne con certezza l'identità. Il significato complessivo della scena non è chiaro e, a questo proposito, doveva forse essere risolutiva l'iscrizione in corsivo, ora quasi illeggibile, che segue la firma e la data in caratteri greci sulla pergamena. Il pittore è a lungo identificato dalla storiografia come Pietro Muttoni, sulla scorta dell'indice alla terza edizione della Storia Pittorica della Italia di Luigi Lanzi (1808, III, p. 404) che si basa su un'errata lettura della notizia, pubblicata da Francesco Bartoli (1793, p. 216), circa l'esistenza di un dipinto di Pietro della Vecchia in casa Muttoni a Rovigo. La restituzione al pittore del vero cognome e il profilo più completo dell'artista si devono allo studio di Bernard Aikema (1984). Figlio di Gasparo Della Vecchia, pittore veneziano, dopo un primo probabile apprendistato presso Carlo Saraceni e Leclerc (Aikema, 1989, p. 772), Pietro è ricordato dalle fonti nella bottega di Alessandro Varotari, detto il Padovanino. A questa fase si deve la maturazione dell'interesse per la pittura veneziana del Cinquecento, sugli esempi di Giorgione, Tiziano, Tintoretto e Jacopo Palma il Giovane che sono i riferimenti essenziali per l'elaborazione di una formula pittorica che varrà all'artista il soprannome di "simia de Zorzon" (Boschini, 1660, p. 536). Nel 1626 sposa la pittrice Clorinda, figlia di Nicolas Regnier, da cui ha quattro figli. I rapporti con il Regnier risalgono, con tutta probabilità ad un giovanile soggiorno romano del Della Vecchia (Aikema, 1989, p. 772) che collabora costantemente con il suocero e, con lui, è consultato da mercanti e collezionisti come conoscitore di disegni e dipinti antichi. Sono documentati, ad esempio, rapporti con Paolo del Sera, incaricato di acquistare quadri a Venezia per Leopoldo dei Medici e contatti diretti con Marco Boschini che definisce Pietro Della Vecchia "bel inzegno" e "Pitor de prima classe vene-zian"(Boschini, 1660, p. 304). Dal 1629 al 1640 risulta iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani finché, all'apice della sua carriera, l'artista organizza, nella propria casa, un'accademia molto frequentata ed è impegnato anche come restauratore. Dalla metà degli anni Quaranta del Seicento fino alla morte, il pittore esegue con l'apporto di una nutrita bottega, una vastissima produzione di quadri sullo stile di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Pordenone, Romanino, Palma il Vecchio e i Bassano. La tela si inserisce bene nel quadro delle opere neocinquecentesche di Pietro della Vecchia, in cui elementi desunti dal ricco repertorio del Cinquecento veneto sono riorganizzati e rielaborati secondo uno spirito seicentesco, memore anche delle ricerche luministiche di Caravaggio Il dipinto rivela chiare affinità stilistiche con il quadro rappresentante una Scena di chiromanzia conservato alla Pinacoteca Civica di Vicenza (inv. A-501). Lo spazio è organizzato analogamente, con i personaggi disposti attorno a un tavolo da cui pende una pergamena con iscrizioni, leggermente arrotolata sul fondo con un'invenzione e una distribuzione delle ombre affine alla nostra tela. La tipologia dei volti deriva da un modello comune, particolarmente visibile nel confronto tra la figura del negromante del museo vicentino e il personaggio assopito a sinistra della composizione, con il capo canuto e le ombre che insistono sulle rughe e sulle arcate orbitali. Affine è anche il trattamento delle mani esili e chiare del soldato di Vicenza e di quelle del personaggio che sta disquisendo a destra della nostra tela. Nel quadro vicentino, tuttavia, si legge una più aperta riflessione sulle tematiche caravaggesche, tradita, oltre che dal soggetto, dal fondo bruno, tagliato da un fascio di luce obliquo. La Conversazione tra dotti, invece, si tiene in uno spazio aperto, di memoria giorgionesca o tizianesca, con il cielo contrastato e carico su cui si sfumano le macchie brune della vegetazione. I volti dei personaggi corrispondono ad una tipologia di testa di vecchio molto frequente nella produzione dell'artista, per esempio nell'Allegoria dell'Avarizia (fig.3) già Christie's (New York, 12 giugno 1981, n. 227, cfr. Aikema, 1990, cat. 153) in cui il vecchio che ripone il denaro in una cassa ricorda il frate canuto del nostro quadro e il personaggio che mostra un sacco di denaro sembra derivare da un prototipo analogo a quello dell'uomo barbuto della disputa, che stringe un rotolo di pergamena nella mano destra. Il quadro, datato 1654, si colloca nella produzione matura del Della Vecchia ed è stilisticamente vicino alla tela con una Scena di Chiromanzia (fig.1) di Vicenza e a quella con la Lezione di matematica (fig.2) in collezione privata a Thiene (Vicenza, cfr. Aikema, 1990, p. 139, cat. 157). Il linguaggio del pittore si sostanzia di una pennellata carica, con larghe e brillanti stesure cromatiche che si impastano di luce o si spengono nell'accentuato chiaroscuro. Le ombre insistono sui volti con risultati di un realismo caricato, tipico dell'artista, senza approdare, tuttavia, alle frequenti deformazioni e alle soluzioni grottesche, sperimentate dal pittore nella sua fase matura, che spinsero il Lanzi a definirlo "abile al buffo più che al serio". Una nota di ironia si coglie, comunque, nella figura assopita, noncurante dell'accesa conversazione. Marco Boschini ricorda quanto i quadri del Della Vecchia fossero apprezzati da una colta cerchia di personaggi (Boschini, 1660, pp. 541-542, 712) e questa tela, per il soggetto, la qualità della materia e l'utilizzo di componenti pregiate, come il blu di lapislazzulo, fu certamente destinata a una committenza ricca e raffinata, a cui il pittore si rivolge quando, per firmare la propria opera, sceglie di utilizzare i caratteri greci. |
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Exposant: Altomani & Sons srl | |
Title:
Pietro Della Vecchia
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Catégorie:
Peintures - Italiennes
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Epoque: 1600 - 1700 | Prix: |
N° 23
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